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Scopri di piùMotociclisti, viaggiatori, autori, registi, documentaristi, conduttori, oltre che compagni di vita. Davvero non basta una sola parola per definire Emerson Gattafoni e Valeria Cagnoni, che vivono quello che, per molti, è un sogno nel cassetto.
Per realizzarlo, loro ci hanno messo tanto lavoro e dedizione, ma anche una sconfinata passione. Per i viaggi, il video-making e le due ruote.
È davvero dificile definire in poche parole chi siete o ciò che fate. Voi come lo descrivereste?
Valeria: Non mi piacciono molto le definizioni. Credo che nel non definirsi nella vita si lasciano aperte molte porte. Io ne ho lasciata aperta una: ho studiato architetura e poi non faccio l’architetto. Guardando la mia vita in questi ultimi vent’anni, direi che sono una vagabonda avida di vita, di mondo, di paesaggi e di moto.
Emerson: Io ho iniziato giovanissimo a viaggiare con le due ruote, sono un grande appassionato di moto. Circa 40 anni fa ho iniziato a fare il film maker e poi ho realizzato il mio grande sogno di poter viaggiare sulle strade del mondo come professione. Un mestiere fantastico, che mi permete di vivere sempre in sella.
Le strade che vi hanno portato su questo percorso comune sono state diverse. Quando e come è avvenuto questo incontro? Come vi siete conosciuti e come avete iniziato a vivere insieme le due ruote in avventura?
E: Ci siamo conosciuti 21 anni fa, a Milano. Io l’ho corteggiata per molto tempo. Poi un giorno le ho detto che partivo per fare un grande viaggio dalla Patagonia fino alle Newfoundland, in Canada, lungo tutta la costa atlantica e che dopo sarei andato a Miami per poi partire per la seconda parte del viaggio: da Key West fino a New York. Prima di partire le ho dato un biglietto aereo e le ho detto “ ...se poi ti liberi dai tuoi impegni nel mese di luglio, voli su Miami e facciamo questo viaggio in moto, insieme.” Lei quel giorno è salita su quell’aereo, è arrivata a Miami e abbiamo fato il nostro primo viaggio insieme. Da lì non ci siamo più fermati per 20 anni, realizzando 260 puntate televisive e circa un milione di chilometri insieme.
Come è avvenuto il vostro incontro con Ducati e come avete deciso di iniziare a collaborare?
E: Noi abbiamo sempre fatto i nostri viaggi con motociclette italiane. 15 anni fa abbiamo coronato il sogno di poter viaggiare con con queste motociclette rosse che hanno un fascino veramente particolare sulle strade del mondo. Ducati è un brand molto speciale: sei riconosciuto, sei italiano con una motocicletta italiana, rossa. Questo ci dà la possibilità di interagire molto più facilmente con tantissime persone che si fermano a guardare la moto o a farci domande. E noi abbiamo sempre approfittato di questi incontri per conoscere la cultura e la storia delle persone che ci fermano per ammirare da vicino le nostre Ducati.
Nel vostro nuovo libro, Dreams Road - Viaggi per spiriti liberi, avete scelto di raccontare sette itinerari che toccano i cinque continenti. Sappiamo che l’Australia e il Cile sono viaggi a cui siete molto legati, ma ci piacerebbe conoscere qualche aneddoto. Se doveste individuare un viaggio particolarmente complicato e uno del cuore (che vivreste e ri-vivreste altre mille volte), quali sarebbero?
V: In tutti questi anni ci è successo di tutto. Siamo arrivati a casa del presidente della Repubblica dell’Uruguay in sella ai nostri due “cavalli rossi”.
Viaggiare in moto ci ha sempre messo in condizioni di fare incontri facili, di strada, che per noi sono stati i più importanti, i più preziosi!
Tutti ci chiedono qual è il viaggio più bello della nostra vita e io faccio fatica a rispondere francamente. Uno che mi è rimasto più attaccato al cuore è sicuramente il viaggio umanitario che abbiamo fatto dopo aver comprato la Clinica Mobile del dottor Costa e l’abbiamo portata fino in Senegal. È stato un viaggio complicato perché la Mauritania era in un momento molto caldo e molto pericoloso e noi l’abbiamo attraversata tutta con un camion con a seguito due jeep e le nostre Multistrada 1100. È stato sicuramente il viaggio e il progetto più bello della mia vita.
E: Un ricordo indelebile è sicuramente il giorno in cui abbiamo incontrato per la prima volta il Dalai Lama a Leh, in Ladakh. Lui rimase molto affascinato dal fatto che noi andavamo a trovarlo in motocicletta ed era impazzito perché la moto aveva i colori del suo abbigliamento. Oltre l’intervista, volle a tutti i costi salire sulla moto.
Nelle tante volte che ci è capitato di incontrare il Dalai Lama, lui non si ricordava il mio nome: per lui io non sono Emerson, ma sono MOTORCYCLE!
V: L’ultima ci è successa durante il nostro più recente viaggio negli Stati Uniti.
La storia è legata al momento in cui, 10 anni fa, abbiamo fatto la fotografia del nostro nuovo libro. In questa foto siamo noi due, con le nostre moto, davanti alla Monument Valley.
Un mese fa invece, eravamo da tutt’altra pare, nelle Badlands. Si ferma una macchina e scende un signore che ci dice: “io mi ricordo di voi, 10 anni fa, nella Monument Valley! Non potete che essere voi, perchè mi ricordo le due Ducati rosse!”
E: Ciò significa che questa motocicletta - così iconica - può fermare il tempo, no!?
Viaggiare ieri e viaggiare oggi: cosa è cambiato nei road trip su due ruote? C’è un viaggio che vorreste rifare?
E: Uno non si stanca mai di viaggiare. La strada è come una macchina del tempo. Tu puoi percorrere una strada e ripercorrerla dieci anni dopo riuscendo a comprendere l’evoluzione delle generazioni, come si evolve anche tutta la società.
Basta guardare l’uscita di una scuola, o un mercato. Ci sono tanti aspetti ai bordi delle strade che ti danno il segno del tempo.
Io dico sempre: le strade del mondo sono il più grande orologio temporale del pianeta.